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Il filosofo, l’imperatore e lo shogun

 

di Ennio Polito

(articolo scritto per Balsam, 19.01.2006) 

 

 

 

 

Il filosofo Avishai Margalit, una delle voci più autorevoli e più franche dell’intellettualità israeliana, si dissocia, in un articolo pubblicato su Haaretz, dall’unanimismo degli elogi riservati a Sharon dai suoi connazionali. Sharon, egli dice, ha meriti e demeriti che gli vanno riconosciuti, nel bene e nel male.

La sua figura è paragonabile a quella dello shogun, il capo militare dell’antico Giappone, che governava in forme dittatoriali, sollevando l’imperatore dalla responsabilità delle scelte più infelici e preservando le sue prerogative divine. Per garantire il funzionamento del sistema, l’imperatore comunicava allo shogun le sue decisioni mormorandole al suo orecchio in modo incomprensibile: se le decisioni si rivelavano giuste, se ne attribuiva il merito, se erano sbagliate, lo shogun era accusato di averle male interpretate e pagava con la vita. Non di rado lo shogun si garantiva nominando un suo “vice” e scaricando su costui la parte non gradita dell’operazione.

Secondo Margalit, Sharon era diventato l’equivalente dello shogun di pari passo con l’insorgere del problema palestinese. Egli aveva a questo punto enunciato due regole. La prima si basava sull’indesiderabilità, per l’accresciuto peso demografico, di un controllo diretto del popolo assoggettato. La seconda era quella del partner.

Il momento più importante, e pertanto il più rischioso, è quello in cui occorre scegliere il partner palestinese fra le diverse ipotesi.: Abu Mazen, in calo di prestigio dopo il “sorpasso” di Hamas, il gruppo dirigente di Hamas, se l’ascesa elettorale continua, o un altro interlocutore.

Margalit pensa che Sharon può aver risolto in modo soddisfacente il problema della corruzione, ma non quello del partner palestinese, che presenta le maggiori difficoltà. La soluzione migliore sarebbe, a suo avviso, Marwan Barghuti, leader della sinistra di Al Fatah, che nelle ultime elezioni palestinesi ha ottenuto il 20 per cento, ma che gli israeliani hanno messo in prigione con cinque ergastoli.

 La peggiore è Shimon Peres, il più corrotto del vertice israeliano e il più infido tra i “giapponesi” di Israele. .Margalit si esprime con aperto disprezzo verso questo personaggio, già tirapiedi di Ben Gurion, suo emissario a Parigi e a Londra nel ’56, nella fase organizzativa della spedizione coloniale contro l’Egitto., nonché “tossicomane della politica”.(e.p.)