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Cercate in libreria EMERGENZA PALESTINA, Diario della seconda
intifada (PROSPETTIVA EDIZIONI), di Marco Grazia con una prefazione
di Tano D'Amico. I primi cinque mesi di Intifada, raccontati da
uno di noi. Lo trovate in tutte le librerie.
Adesioni all'appello "PER NON DIMENTICARE SABRA E CHATILA" : schiarin@ilmanifesto.it
Marco Gallucci, cooperante italiano, respinto alla frontiera israeliana.
Ancora nessuna reazione dal ministero degli esteri italiano ?
in questa lettera: Una"Tregua" per quale "pace"?- Ferita Neta Golan-
Freccette per il tiro a segno - Profughi e non solo (da L.Zambrano)
Quale tregua per quale pace ? Stiamo vedendo i soliti massmedia
cavalcare l'ennesima notizia che risponda alla richiesta di buonismo
italico. C'e' una tregua dettata e imposta dalla CIA e da Israele
pero' quei cattivelli di palestinesi fanno resistenza-ci dicono. E
non solo i soliti noti (RAI,Repubblica, Corriere ecc) ma, dato che
ora c'e' il satellite, abbiamo sentito anche il notiziario di una
radio milanese, Radio Popolare , che il 15 giugno alle 18 e 19,30,
con la partecipazione di Guido Olimpio, partigiano giornalista del
Corriere, ci raccontava solo delle dichiarazioni di Sharon ma su quanto
detto dalla PNA, nulla. Cosi' come si sorvola sul fatto che durante
la cosidetta tregua ci sono stati 1 palestinese ucciso dai coloni
israeliani, 2 ragazzi di 12 anni uccisi dai soldati, oltre 20 feriti
palestinesi. Dall'altra parte 3 feriti israeliani. Intanto il ritiro
delle forze armate israeliane qui sul terreno non si nota . Secondo
voi chi non rispetta la cosidetta tregua, forse piu' "televisiva"
che reale? E che la situazione non sia per nulla migliorata lo conferma
anche una dichiarazione del capo dell'Unrwa, l'agenzia dell'Onu per
i rifugiati. Tregua, pace , pace giusta, trattativa: parole vuote
se non si mette mano alla situazione reale, se non si accetta che
solo l'applicazione delle risoluzioni ONU, tutte le risoluzioni, sono
premessa e non oggetto di trattativa. E l'aggettivo " giusta" a fianco
alla parola pace non puo' essere paravento per accettare anche una
sola imposizione israeliana. Non lo vogliono neanche quei pacifisti
israeliani che l'altro giorno hanno dimostrato pacificamente contro
l'allargamento della colonia di Efrat e la chiusura del villaggio
di El Khader, a sud di Betlemme. Durante questa manifestazione soldati
e polizia israeliana hanno reagito duramente come al solito. Neta
Golan, la pacifista israeliana conosciuta anche in Italia, e' stata
arrestata e picchiata, subendo la frattura di un braccio. Anita Fast,
un'altra pacifista canadese e' stata anche lei picchiata e arrestata.
Un'altra canadese, Patricia Katagiri, giorni prima, in un'altra manifestazione
vicino la colonia di Ariel, era stata arrestata. Come si vede l'atteggiamento
israeliano non e' cambiato, anzi. E' questa la tregua sbandierata?
Fleshettes - Freccette Mesi fa avevamo riferito di aver visto
con i nostri occhi le conseguenze dei tiri israeliani sulle case palestinesi,
e avevamo anche le foto. I soldati usavano proiettili esplodenti che
diffondevano piccoli dardi tutto intorno, moltiplicandone gli effetti
nefasti. Dopo la morte delle tre donne nel campo beduino a Gaza, sui
cui corpi sono state trovate queste freccette, anche l'agenzia di
stampa Reuters si e' accorta di questo uso. L'esercito israeliano
ha detto che c'e' un inchiesta in corso e che l'uso di quei proiettili
e' stato un errore. Attenti, dicono che li' e' stato un errore, no
che non siano stati usati in altri luoghi !!
PROFUGHI E NON SOLO Il 7 giugno il manifesto titolava "34 anni
bastano" riprendendo lo slogan delle iniziative di questi giorni per
chiedere la fine dell'occupazione israeliana in Cisgiordania e Gaza.
Io avrei scritto 53 anni bastano.E' al 1948 che bisogna risalire per
datare l'avvio delle sofferenze e delle umiliazioni subite dai Palestinesi;la
" Nakba ",la catastrofe,con la conquista dei villaggi e delle terre
palestinesi perpetrata dalle truppe israeliane,regolari e terroristiche,ben
oltre quanto deciso dalle Nazioni Unite, va considerata come elemento
decisivo per la soluzione del conflitto.Perche' vuol dire affrontare
la questione dei profughi.Che nel 1948 erano 750.000 e sono ora circa
3 milioni e mezzo,a seguito dell'occupazione del 1967 e "dell'incremento
naturale".Una risoluzione delle Nazioni Unite,la 194, reiterata piu'
volte,riconosce loro il diritto al ritorno.Diritto puro e semplice,senza
aggettivi aggiuntivi.E' tempo che il pacifismo internazionale e la
sinistra italiana si confrontino con questo dato, senza tentennamenti
o scappatoie.E partendo da cio' valutino le iniziative e gli appelli
anche del "campo pacifista" israeliano,distinguendo tra la sinistra
antisionista e il pacifismo "labour" ma sionista.Sulla questione profughi,quest'ultimo
mantiene una posizione per niente condivisibile.Non e' secondario
rivolgere anche un'attenzione maggiore al dibattito nel campo palestinese,
dove il "movimento"dei campi profughi non sempre si riconosce nelle
posizioni dell' Autorita' nazionale palestinese. L'appello lanciato
dalla coalizione israeliana di donne per una pace giusta,pubblicato
da il manifesto,e intorno al quale si sono svolte le iniziative del
7 giugno,organizzate principalmente dalla rete di Donne in nero,non
esplicita il riconoscimento del "diritto"al ritorno dei profughi palestinesi.Cio'
marca una delle differenze con i gruppi antisionisti presenti in Israele
e con quanto sostengono le "80 tesi per un nuovo movimento pacifista"
lanciate dagli israeliani di Gush Shalom. Dire,come fa la Coalizione
donne,che "Israele riconosca la sua responsabilita' nelle conseguenze
della guerra del 1948" non e' la stessa cosa che "Israele riconosca
il diritto al ritorno come diritto umano inalienabile"presente nelle
tesi.La mobilitazione non puo' prescindere da questo riconoscimento
non negoziabile.Le soluzioni pratiche andranno trovate di conseguenza.Certo,di
questi tempi, nel costruire o aderire a manifestazioni in Italia,che
chiedono la fine dell'occupazione militare israeliana,si guardano
poco i dettagli.Per il semplice motivo che,giustamente,almeno si svolgono
iniziative per fermare il massacro.Ma la questione profughi non puo'
mantenere un basso profilo,questione secondaria rispetto a Gerusalemme
e le colonie israeliane.Non lo e' per i milioni di profughi che lottano
per non essere dimenticati.A loro dobbiamo ascolto,a loro vanno date
risposte. Altrimenti assisteremo,con l'ennesima "sorpresa" dei piu'
sprovveduti,ad una ulteriore "Intifada" contro accordi "di pace" silenti
sul loro diritto.E forse e' tempo che la rappresentanza palestinese
metta in agenda la costruzione di una iniziativa concreta per il riconoscimento,anche
individuale, del diritto al risarcimento per le perdite di case e
terre di proprieta' subite dai palestinesi.Un risarcimento separato
dal riconoscimento del diritto al ritorno e che faccia tesoro delle
procedure di risarcimenti di massa per responsabilita' oggettive e
soggettive concluse negli ultimi anni in Europa. Luisa Morgantini
ci ricordava anche della grande iniziativa che le Donne in nero hanno
sviluppato in questi mesi,facendo arrivare in Palestina decine di
donne con un ruolo decisivo per l'informazione e la solidarieta' Ma
ora forse occorre rivolgersi ad altri.Per far sentire le nostre voci
alla comunita' internazionale e al nuovo governo italiano-necessita'
indifferibile e sono d'accordo con Morgantini-occorre ritornare in
Italia e sviluppare una campagna che abbia le stesse caratteristiche
di continuita' ed omogeneita'.Leggiamo di iniziative e manifestazioni
che si sono svolte e si svolgono,anche se con difficolta',in tutte
le parti d'Italia.L'impressione e' che siano discontinue e e non coordinate.Partendo
dall'esperienza delle Donne in nero perche' non lanciare in Italia
una campagna nei confronti del governo e dell'Unione Europea ? Una
campagna che abbia le caratteristiche di appuntamenti ricorrenti,collegati
tra loro,che veda impegnati l'associazionismo,i partiti,il sindacato,le
organizzazioni non governative e il settore degli enti locali, per
ampliare l'informazione corretta su quanto accade in Palestina e su
alcune precise ed essenziali richieste(protezione internazionale,applicazione
di tutte le risoluzioni ONU,diritto allo Stato)su cui il governo italiano
e l'Unione europea assumano impegni precisi.In particolare il mondo
delle organizzazioni non governative dovrebbe superare il ritardo
politico accumulato sulla questione palestinese.Al di la' della "piattaforma
Palestina"delle Ong laiche,che ha cercato di sviluppare iniziative
in tal senso,le singole Ong potrebbero fare molto piu' rispetto alla
gestione "amministrativistica"dei progetti o all'accettazione pura
e semplice dele indicazioni istituzionali. Gli interventi per lo sviluppo
non dovrebbero essere una variabile indipendente dalla lotta per i
diritti e l' autodeterminazione di un popolo.Ma anche gli enti locali,dopo
la grande kermesse di settembre 2000 a Betlemme improntata all'accettazione
acritica dei defunti accordi di Oslo,non possono evitare di rilanciare
un loro impegno,completamente assente in questi drammatici mesi.I
palestinesi ci ripetono ogni giorno che l'iniziativa per l'affermazione
dei loro diritti, piu' volte riaffermati da organismi internazionali,
deve superare i confini di Cisgiordania e Gaza, trovando nei popoli
del mondo quella necessaria amplificazione alla loro fievole voce.
(Lino Zambrano, cooperante Ong AICOS in Palestina) .
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